Le regine in gabbia | Il giornale della musica

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“Una rivelazione è stata la Elisabetta della Simeoni, che si è ammirata per il bel timbro, il morbido vibrato, la forza drammatica del suo canto.”

 

di Gianluigi Mattietti

Allestimento pieno di elementi drammatici nella prima modenese di Maria Stuarda. Maria Stuarda per la prima volta a Modena, in un allestimento dell’Opéra Royal de Wallonie, coprodotto col teatro di Piacenza, affidato alla collaudata accoppiata Francesco Esposito e Italo Grassi. Le due regine rivali erano Maria Costanza Nocentini (che si alternava con Mariella Devia) e Veronica Simeoni (che si alternava con Nidia Palacios), che hanno reso con grande personalità lo scontro tra le due eroine. La Nocentini ha dimostrato grandi doti espressive e sicurezza anche nei passaggi più difficili, nonostante qualche disomogeneità nell’emissione: commovente nella scena madre dell’opera «Morta al mondo e morta al trono», furente nella celebre sequela di epiteti («Figlia impura di Bolena […] meretrice indegna oscena […] vil bastarda»), romantica e nostalgica nella doppia aria finale. Una rivelazione è stata la Elisabetta della Simeoni, che si è ammirata per il bel timbro, il morbido vibrato, la forza drammatica del suo canto. Tra i ruoli maschili spiccava Ugo Guagliardo (Giorgio Talbot): il suono ampio e caldo della voce sovrastava quello, poco emergente, del tenore turco Bülent Bezdüz (Roberto). L’opera di Donizetti è stata eseguita nell’edizione critica (curata da Anders Wiklunt) e diretta da Antonino Fogliani con mestiere ma senza riuscire ad estrarre tutte le sfumature timbriche e i contrasti espressivi di cui è ricca la partitura. Il palcoscenico era sovrastato da un’enorme, claustrofobica gabbia di metallo, sghembo, chiuso da un muro nero, illuminato da squarci improvvisi di colore (il verde nel secondo atto, come un prato, il rosso nel cruento atto finale). La regia, raffinata ma un po’ statica, prediligeva movimenti quasi rituali che avevano il loro apice nella scena finale dell’esecuzione, sottolineata da un lungo tappeto rosso, ancora come una scia di sangue.

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